31 Lug 2013

Nei vicoli genovesi il progetto di Libera e Tribunale dei Minori

Da Repubblica edizione Genova, a firma Giulia Destefanis, riprendiamo l’articolo  sul protocollo d’intesa tra Libera e il Centro per la Giustizia minorile

È un percorso di rieducazione e rinascita, che conduce i minori autori di reato fino ai terreni confiscati alle mafie. Li porta in Sicilia a conoscere le vittime, ricordare, lavorare su quella terra.

È una storia che arriva dai vicoli genovesi, dal basso confiscato e trasformato in bottega di vico Mele: qui il presidio “Francesca Morvillo” di Libera ha preso in carico a febbraio 10 ragazzi dell’area penale, con alle spalle storie di risse, furti, ricettazione. C’è chi ha tirato qualche pugno di troppo, chi è cresciuto in ambienti in cui circolava droga e ha rischiato di cadere nel vortice. Ragazzi che devono scontare il periodo di “messa alla prova”, ovvero la sospensione del processo e l’affidamento ai servizi sociali per un cammino di crescita che, se va a buon fine, estingue il reato. E per farlo, questi ragazzi hanno scelto la strada dell’antimafia.

Un’esperienza possibile grazie a un protocollo d’intesa tra Libera e il Centro per la Giustizia minorile del Piemonte, Valle D’Aosta e Liguria, che già nel 2012 ha portato molti giovani a lavorare nelle associazioni aderenti alla rete di don Luigi Ciotti, dall’Arci alle Acli. Poi, quest’anno, il coinvolgimento nei gruppi di Libera, a seminare legalità. Fanno da apripista Genova e Palermo, e i nomi dei progetti sono tutto un programma: “Anemmu”, “Amunì”, il dialetto cambia ma il concetto è sempre quello, “andiamo”, cresciamo, cambiamo. E ora, dicono da Roma, l’idea è quella di seguire l’esempio in altre città.

«Che cosa ho imparato? – dice Nicolò, 20 anni, uno degli ultimi arrivati nel gruppo ligure, che finì a processo per rissa – Il significato della parola mafia. Come la criminalità ci sta intorno. Ho imparato a distinguere cosa è giusto e cosa no».

Ma il bello deve ancora venire. «Perché ora anemmu… a Palermo – spiega Caterina Marsala di Libera Genova – Andiamo a coronare il percorso: dopo i laboratori, la trasferta a Firenze alla Giornata nazionale in ricordo delle vittime di mafia, e un cineforum, a settembre partiamo per un campo estivo di Libera nelle terre confiscate da riqualificare. Andiamo a lavorare la terra, e far lavorare la mente». Si uniranno ai ragazzi di “Amunì”: «Quando li abbiamo conosciuti ci siamo detti – continua Marsala – perché non dare ai ragazzi l’opportunità di toccare con mano il motivo per cui hanno fatto servizio?». Così è iniziata la raccolta fondi per il viaggio. E adesso sono pronti a partire.

«Non so bene cosa ci aspetti – spiega Selene, 18 anni, minuta e piena di energia, la mascotte del gruppo dell’area penale ligure – mi entusiasma l’idea di conoscere gente nuova». È finita da poco, nel “cinema” tutto per loro di vico Mele, la proiezione della pellicola “I cento passi” sulla storia di Peppino Impastato, che nella Sicilia degli anni ’70 si ribellò alla famiglia mafiosa e fu ucciso. Nicolò e Selene, Raz e Kevin, gli ex cattivi ragazzi di Genova, sorridono all’idea di volare laggiù e stringere la mano al fratello di Peppino, Giovanni Impastato. «Loro sì che sono eroi positivi – dice, dopo averci pensato un po’, Manuel, 19 anni – Capisco la differenza con tanti film che ho visto in passato, in cui è la mafia ed essere esaltata». Manuel ha finito il periodo di messa alla prova, non ha fogli da firmare, eppure arriva lo stesso alle riunioni e ha deciso di partire per la Sicilia con i compagni di avventura.

«La cosa più bella è vederli coinvolti – continua Caterina Marsala – Non era un percorso facile, ma molti ora ci credono. Molti si presentano ai nuovi come “volontari di Libera”: un successo».

Perché si può arrivare da percorsi difficili, dalla strada, dal carcere. Ma si può anche ricominciare. Dall’odore della terra confiscata ai boss, perché no. Scoprendo, come dicono ora, che «non siamo tutti uguali. Si può scegliere da che parte stare».

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